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  1. Roberta Sassatelli. Le società occidentali contemporanee sono spesso state definite società del consumo di massa, intendendo con ciò che gran parte della vita dei loro membri ruota intorno all'acquisto e consumo di merci relativamente standardizzate e a larga diffusione.

  2. rivisteclueb.it › index › etnoantropologiaAntropologia del consumo

    Riferendosi al panorama italiano, l’autore inserisce gli studi sul consumo entro due settori disciplinari: l’antropologia economica e la cultura materiale, riportando i contributi di numerosi autori che nel corso degli anni si sono occupati dei temi del consumo.

  3. Il volume illustra gli ambiti di ricerca, le teorie e i concetti dell'antropologia del consumo in una prospettiva etnografica.

    • Pietro Meloni
  4. Il corso propone agli studenti un approfondimento teorico e metodologico su alcuni dei principali dibattiti dell’antropologia del consumo.

    • 2 Critica del consumismo
    • La prospettiva antropologica
    • Mary Douglas
    • Consumo e rito
    • Capitale economico e culturale
    • Sociogrammi
    • Gusti e disgusti
    • Un esempio: il cibo
    • Riflessività
    • Daniel Miller
    • Amore al supermercato
    • Devozione
    • Il risparmio e lo sperpero
    • 1964: Centre for Contemporary Cultural Studies (CCCS) dell'Università di Birmingham, fondato da Hoggart
    • Codifica e decodifica
    • «Resistenza»
    • Nozione di subalternità
    • Television audience
    • Decodifica e posizionamento sociale
    • Soap operas – Watching Dallas
    • Subculture giovanili

    Da qui la necessità di affrontare il fenomeno del consumo di massa, e di farlo in una prospettiva molto diversa da quella sviluppata dalla sociologia novecentesca nella sua critica al “consumismo”. Dai contributi della Scuola di Francoforte (con autori come Theodor W. Adorno, Max Horkheimer, Herbert Marcuse ed Erich Fromm) fino ai recenti studi di ...

    La prospettiva antropologica si distanzia da questo tipo di analisi: non perché non condivida la critica al consumismo come sistema politico-economico, ma perché tenta di capirne più a fondo e in modo meno generico le dinamiche culturali. In che modo individui e gruppi attribuiscono significati agli oggetti che popolano il loro mondo? In che modo q...

    Fra i contributi in questa direzione vi è quello di Mary Douglas, antropologa britannica nota soprattutto per i suoi studi sui sistemi di classificazione e sulla costruzione sociale delle percezioni di purezza e impurità, sicurezza e rischio. Se nelle società tradizionali il pensiero classificatorio si esercita prevalentemente sul mondo naturale ...

    Ciò equivale a sostenere che nel consumo vi è sempre una componente di tipo rituale – laddove per riti si intendono “convenzioni che tracciano definizioni collettive visibili”, con l’intento di “contenere le fluttuazioni dei significati”. Potremmo considerare lo stesso aspetto partendo dalla nozione di rito: i riti si servono sempre di oggetti mate...

    Se i ceti sociali mostrano scelte di consumo e preferenze estetiche o di stili di vita peculiari e distintive, queste non dipendono solo dal reddito e dalla possibilità economica di acquisto. Accanto al “capitale economico” vi è un “capitale culturale”, acquisito sia per eredità (nella inculturazione familiare) sia nei percorsi educativi e scolasti...

    Il sistema dei consumi di una società, come quella francese degli anni ’60, si distribuisce in uno spazio sociale strutturato secondo tale partizione, che Bourdieu rappresenta graficamente attraverso “sociogrammi” – spazi cartesiani definiti dagli assi del capitale economico e di quello culturale. Determinati ambiti di beni - il cibo, poniamo, opp...

    L’habitus non è scelto dal soggetto ma costituisce il soggetto (per questo è difficile se non impossibile cambiarlo volontariamente): è fatto, come afferma ancora Bourdieu (Ibid., p. 457), da “schemi incorporati, costituitisi nel corso della storia collettiva, che vengono poi acquisiti nel corso della storia individuale”. Le scelte di gusto non ...

    Un esempio riguardante il cibo: la ricerca sulla Francia degli anni ’60 rileva che gli industriali e i commercianti si differenziano nettamente dai liberi professionisti e dagli insegnanti. I primi utilizzano per l’alimentazione una quota percentuale più alta del loro reddito, e privilegiano la quantità (la “scorpacciata) e i cibi pesanti e ricchi ...

    Occorre sottolineare un aspetto della teoria bourdieusiana: il suo carattere riflessivo. La conoscenza pratica (le forme di pensiero classificatorio, ad esempio) con cui gli attori costituiscono la realtà sociale è dello stesso tipo di quella impiegata dal sociologo o dall’antropologo per studiare quella realtà. “Parlare dell’habitus significa incl...

    Il terzo contributo all’antropologia del consumo di massa che vorremmo presentare riguarda uno studioso di una generazione successiva, Daniel Miller Il consumo non è per lui un tema fra tanti, bensì il terreno privilegiato di una intera carriera di ricerca, nella quale si è occupato di supermercati e arredamenti domestici, telefonini e automobili,...

    Il secondo punto che caratterizza il lavoro di Miller è il suo carattere etnografico: le pratiche di consumo divengono arena di un fieldwork sistematico basato su modalità particolari di osservazione partecipante. Su questo è basato ad esempio il volume Teoria dello shopping (1999): partecipando alla spesa delle clienti di un supermarket londinese,...

    Le madri pensano al soddisfacimento dei desideri dei loro figli o mariti, oppure al loro bene in senso pedagogico (quei biscotti che gli piacciono tanto, o quella verdura biologica che fa bene). Il fatto che molte donne si concedano talvolta “qualcosa di speciale”, una sorta di premio tutto per sé, è una conferma del fatto che il grosso della spe...

    Si obietterà, naturalmente, che le scelte della spesa sono dettate prima di tutto da considerazioni di utilità (dobbiamo mangiare etc.) e dalla disponibilità e convenienza economica . Certo, ma anche questi ambiti non sono mai “puramente” economici. Miller mostra in modo assai convincente la “moralità” – o quella che chiama in modo quasi provocato...

    Si tratta di uno sviluppo e di una reazione al punto di vista espresso negli anni immediatamente precedenti dalla teoria critica francofortese e da filosofi marxisti come Louis Althusser. Questi ultimi insistevano sulla capacità della cultura egemonica, diretta espressione delle classi dominanti, di imporsi all’intero corpo sociale per mezzo di que...

    Pur restando in una prospettiva marxista, Stuart Hall prende le distanze proprio su questo punto. È vero che i messaggi massmediali sono codificati – per usare un linguaggio semiotico – in termini egemonici, e che come tutti i testi implicano un lettore ideale o preferito. Tuttavia, codifica e decodifica non sono necessariamente simmetriche: il let...

    I gruppi subalterni accedono alla cultura all’interno di condizioni dettate dalle classi dominanti: questo non significa però che ne siano passivamente e integralmente determinati. Vi sono spazi di autonomia e di “resistenza” che si aprono quando i contenuti o le forme egemoniche trascorrono nell’ambito del subalterno. Più che in pratiche di prod...

    La nozione di subalternità che Hall e i Cultural studies impiegano sviluppa quella gramsciana ma se ne differenzia per alcuni aspetti. Ciò che definisce l’egemonico e il subalterno è la posizione dei soggetti rispetto non solo al modo di produzione (contadini vs. agrari, operai vs capitalisti), ma anche ad altri tipi di differenze e disuguaglianze...

    La televisione appare fin dall’inizio cruciale banco di prova della teoria della decodifica asimmetrica. Uno dei primi studi del CCCS riguarda Nationwide, un programma di commenti alle notizie del giorno trasmesso dalla BBC da fine anni ’60 fino ai primi anni ’80. David Morley e Charlotte Brunsdon, i coordinatori della ricerca, avevano sottoposto a...

    La ricerca su Nationwide confermò il nesso tra “letture” e appartenenza sociale, ma in modi assai più complicati di quanto la tripartizione conforme-oppositivo-negoziato potesse suggerire. La reazione e l’interpretazione delle news e dei commenti politici appariva sempre mediata da “posizioni discorsive”, legate alla classe ma anche a molteplici al...

    Ciò spinge il gruppo dei cultural studies a focalizzare in modo diverso la ricerca. Prima di tutto, come lo stesso Morley sostiene con forza, occorre studiare la fruizione della tv nei “contesti naturali” in cui essa avviene, come la famiglia e la casa. In secondo luogo, l’attenzione si rivolge sempre più ai programmi di intrattenimento ed “evas...

    Nel secondo dopoguerra, i paesi occidentali hanno assistito alla diffusione fra segmenti del mondo giovanile di stili estetici ed esistenziali con forti implicazioni identitarie e distintive, basati soprattutto su peculiari scelte di consumo: modo di vestire e di presentare pubblicamente il corpo, passione per un genere musicale, uso di slang e li...

  5. Questa riflessione è possibile se consideriamo gli oggetti e lo scambio come due 9 antropologia del consumo elementi fondamentali che si trovano alla base del consumo nell’interpretazione antropologica.

  6. Doni, merci, simboli pubblicato da Carocci: cosa studia l’antropologia del consumo? Studia il consumo dal punto di vista del consumatore e lo fa in una prospettiva etnografica, ossia osservando i fenomeni nei loro contesti naturali.